NUVOLE
Progetto espositivo di
Roberto Pupi – 28 Giugno/7settembre 2024
Per ChorAsis – lo spazio della visione
Villa Rospigliosi, 85 - Prato
Le ricerche dell’arte contemporanea non di rado si concentrano sull’incontro possibile degli opposti, allo scopo di far risaltare agli occhi dei più il valore dell’arte proprio attraverso l’accostamento di ciò che pare inaccostabile. È così possibile evidenziare come l’opera d’arte viva della simultaneità di pulsioni/informazioni molteplici. Verità questa che il riguardante è caldamente invitato a non dimenticare, scavalcando bravamente quegli stereotipi che ne impediscono la piena godibilità.
Il lavoro di Roberto Pupi si inserisce in questo percorso di ricerca, tentando da tempo la strada, difficile quanto stimolante, dell’incontro bidimensionale-tridimensionale, facendo così intuire le potenzialità evocative, anche in senso tattile, della fotografia, arte bidimensionale per eccellenza.
Lo fa con il progetto Nuvole, che unisce cielo e terra in un processo vitale che nel suo andamento circolare non prevede separazioni di senso. Nuvole come paradigma di un ragionamento che vede la fecondità e la forza vitale come una energia da sempre ambivalente, con la quale è importante imparare a confrontarsi e a convivere.
L’impressione generale che se ne ricava, è quella di avere il privilegio di osservare l’evocazione di un evento accaduto molto tempo fa, le cui conseguenze sono tracce sparse sulle quali si è spinti a meditare. La musica, composta appositamente da Alfonso Belfiore, esalta e sottolinea le varie testimonianze, aiutandone la lettura e spingendo il visitatore verso il sottile confine fra realtà e immaginazione, nella dimensione della comprensione senza parole, dell’attraversamento senza movimento.
Gli spazi di Villa Rospigliosi sono di questo il teatro ideale, permettendo un dipanarsi e un distendersi in zone fra loro differenti per ruolo e collocazione, capace ognuna di stimolare soluzioni formali diverse. Di quei luoghi monumentali, sono tre quelli utilizzati da Pupi per le sue installazioni, le quali non sono pensate dall’artista per avere un ordine cronologico o gerarchico; si tratta semmai di evocazioni, suggerite proprio dalle suggestioni che i luoghi aiutano a visualizzare.
Ecco allora che nella piccola grotta che si apre sul perimetro del giardino all’italiana, troviamo un astro celeste, la Luna esattamente, che si piega, si adatta come una pelle priva di corpo allo spazio della vasca prospiciente la statua collocata sul fondo. Qui una triangolazione che il visitatore è invitato a cogliere, contribuisce a dare senso all’insieme: sul soffitto della grotta è dipinta una apertura circolare, dalla quale si vede una porzione di cielo. Forse da lì è entrata la Luna, così intensamente osservata da Galileo Galilei, grande scienziato del ‘600, che fu anche il secolo di papa Clemente IX Rospigliosi. Galileo è anche lo scopritore di Ganimede, satellite di Giove, personificato nella statua posta sul fondo.
Apertura sul cielo, rotonda come un canocchiale, in alto; la rappresentazione della Luna che, in basso, pare proporsi come intermediario fra lo spettatore e la personificazione di un divino e lontano corpo celeste. Cielo e terra uniti da fili tanto saldi quanto invisibili.
Gli ambienti a lato del prato accolgono due diverse installazioni. Quella che incontriamo per prima ha un allestimento decisamente minimale e, una volta entrati, si è più che altro avvolti dalle composizioni sonore predisposte da Alfonso Belfiore, suoni diversi che paiono correre lungo le pareti. Al centro è collocato a terra l’unico oggetto della stanza: l’immagine tridimensionale di un tombino circolare, sul quale sono leggibili chiare tracce di un evento violento, così impetuoso da averne deformato i profili, nonostante la fusione in robusta ghisa. L’acqua pare essere l’autore di tanta esplosione di impetuosa energia, almeno se si decide di dare ascolto alla partitura sonora, che ne sottolinea in vario modo la presenza. Si è come posseduti da una sorta di timorosa consapevolezza della forza in scatenamento delle acque, capaci di rombare sotterranee, finendo per esplodere in superficie.
La penombra del secondo ambiente ci introduce alla grande sala che accoglie l’installazione di due grandi alberi, che appaiono come esplosi, formando vortici dinamici come accade in una potente bufera. Ognuno dei due alberi è composto da centinaia di foto, unite l’una all’altra da viti a scomparsa e sospese da terra con invisibili fili di nailon. Il visitatore si incammina attraverso di essi, coinvolto in tanto vorticare e intanto arriva, dall’altra stanza, l’impasto sonoro che insiste sulla presenza di acqua e di vento.
Nella breve passeggiata che dal retro del complesso architettonico conduce all’ultima installazione, si ha il tempo di meditare sul titolo dell’intero progetto e sulla capacità umana di dimenticare quel che pure sembra evidente, camminando fra il cielo azzurro e le chiome degli ulivi. Infine, affacciandosi da un ponte che attraversa il rio che costeggia gli ambienti della villa, si propone alla vista, laggiù in fondo alla forra, un cielo con nuvole ma tutto spezzato, rotto come se il cielo, come può accadere ad uno specchio, fosse caduto sulla terra con grande strepito tanto tempo fa. Vengono a mente certi dipinti di Renè Magritte (1), dove sul pavimento di una stanza si trovano frammenti del vetro rotto della finestra, ognuno dei quali riproduce una parte del paesaggio visibile all’esterno. Un atto straniante, che allontanandosi dal vero ne diventa la limpida rivelazione, costringendoci a considerare seriamente il rapporto con la natura e le regole che la costituiscono. Ricordando, allo stesso tempo, che il mondo delle immagini è lì da sempre, pronto a testimoniare e rendere visibili i moti dell’animo e le sue domande.
Riccardo Farinelli
Prato, Giugno 2024