Gli studi più recenti sulla fotografia, in coincidenza con la sua definitiva assunzione nel novero delle arti visive, dopo che per molti anni tale considerazione era stata decisamente problematica, si sono concentrati sulla questione – fondamentale – del suo statuto semiotico. In coincidenza con l'ammissione di fotografi, divenuta massiccia nel corso degli anni Settanta, a partecipare alle principali rassegne d'arte

contemporanea, come la Biennale di Venezia, la tradizionale accezione del 'fotografico' come documentazione e riproduzione del visibile, dipendente dalla astanza di un soggetto rappresentato preesistente (e per conseguenza, con un valore veritatito di 'prova' che ne avrebbe legittimato l'utilizzazione nei contesti giudiziari e scientifici) viene messa in crisi da una considerazione artistica della fotografia come 'segno', e quindi dotata di una propria specifica autonomia e da una esistenza

indipendente in quanto oggetto.

Le nuove tecnologie (così nuove ormai da essere diventate a loro volta 'nonne' del progresso tecnologico) hanno reso tutto questo realizzabile in maniera problematica, diventanto – nei fotografi consapevoli – nuove occasioni di esperienza interrogativa sul mezzo e le sue possibilità di esperienza visuale.

Carlo Cantini e Roberto Pupi hanno innescato un processo visivo di riflessione problematica sulla possibilità di proiezione esperienziale di questa apertura sul possibile futuro dell'atto fotografico. Hanno pensato, ciascuno a suo modo, di aprire virtualmente lo spazio di una fotografia rimasta da considerare, tradizionalmente, dentro lo spazio della “cornice” che Leon Battista Alberti aveva teorizzato come 'luogo' della pittura, in una dimensione di plasticità reale. Cantini ha pensato le proprie immagini come proiezioni anamorfiche, sfondando i limiti della cornice in una violenza (pacata e gentile) orizzontale dell'immagine. Pupi ha proiettato le proprie immagini in una plasticità aggettante, immaginaria, che invade lo spazio critico dello spettatore.

Si tratta di immaginare cosa accadrà della fotografia…

 

Francesco Galluzzi